INTERVISTA ALL'ON. GIORGIO GIUDICI EX SINDACO DI LUGANO

L'On. Giorgio Giudici è il Sindaco del fare.
Alla sua professionalità e grande dedizione si devono la nascita e la continuazione molto amplificata di Servizi, Dicasteri, Promozioni e Trasformazioni. Un autentico successo politico personale. Quali sono le basi fondamentali su cui poggia la sua politica, da assumere come esempio per altri primi cittadini Svizzeri e d'oltre confine?
Ogni politico ha una sua storia e un suo metodo. La mia storia è quella di un individuo che, per caso, si è trovato a fare il "politico", furono alcuni miei amici a buttarmi nella mischia inserendomi a mia insaputa per la prima volta in lista per il PLR e per il Consiglio Comunale. La prima volta non fui eletto, ma avere avuto il voto preferenziale di alcuni cittadini mi stimolò; la volta successiva fui eletto, terzo della lista per il Consiglio Comunale, e primo subentrante per il mio partito per la lista del Municipio. L'esperienza prima come Municipale, e poi per ventisei anni come Sindaco, mi ha permesso di sviluppare un metodo per concretizzare idee attraverso progetti. Un metodo direi pragmatico.
Mi sono sempre chiesto di che cosa mancasse alla Città per essere moderna, che cosa si poteva e si doveva fare per migliorare la sua struttura amministrativa ed organizzativa, per adeguare e completare le infrastrutture a beneficio del pubblico.
In questo solco operativo è nato il Dicastero dello sport (1980), il Servizio Informazione e Comunicazione (1992), l'Università (1996), la Nuova Lugano (2004 e 2008) e i numerosi grandi progetti che oggi si stanno promuovendo, il Polo Culturale all'ex Palace, il Nuovo quartiere di Cornaredo. Questo per ricordare solo alcuni tra i molti progetti che, di fatto, stanno ridisegnando il profilo urbano della Città secondo una strategia orientata allo sviluppo economico e sociale. In questi e altri compiti mi sono sempre basato sulla mia capacità d'intuizione e di convinzione, che mi ha permesso di operare scelte con anticipo rispetto alla posizione dei problemi, disposizione indispensabile per un politico, il quale deve sapere che a livello istituzionale, la realizzazione dei progetti è sempre irta di ostacoli e lunga. Le basi su cui poggia il mio agire politico è in sostanza quello della passione per la mia Città e il mio Cantone e la determinazione che mi porta sempre a preferire il fare rispetto al parlare. Sono queste due indicazioni utili per tutti coloro che vogliono con serietà impegnarsi in politica ed operare a favore dello sviluppo delle istituzioni.

La Città di Lugano, conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo, rappresenta, da sempre, il crocevia delle culture.
Può essere un punto di richiamo per chi vuole fare impresa?
Certo, Lugano è conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, conta su una tradizione storica cosmopolita davvero importante, quale crocevia delle culture e luogo di incontro tra le genti.
Una premessa storica certo importante per concepire il futuro ma non di per sé sufficiente. Per questo occorre lavorare duro soprattutto in un'epoca come la nostra, veloce, densa di informazione, a forte concorrenza interna ed esterna. Per questo dobbiamo elaborare degli strumenti che permettano in questa situazione di affermare il nostro ruolo e migliorare la nostra visibilità e competitività. Ciò significa che dobbiamo agire in modo coordinato e non frammentato e presentare la nostra realtà in tutte le sue componenti attive e produttive come un luogo attrattivo dove vivere, dimorare, lavorare, formarsi ed investire. Solo così la sua domanda potrà avere una risposta affermativa. Mi sembra tuttavia che già oggi, grazie anche alla nostra strategia di promozione internazionale a tutto campo, il consolidamento di alcuni settori innovativi, quello medico sanitario, quello della Ricerca scientifica, delle Scienze della vita, o ancora con l'Università, questo lavoro sia sulla buona strada ed i risultati stanno manifestandosi.

La società sta invecchiando a ritmi vertiginosi. Come si può preparare al meglio la classe dirigente del domani; come si possono istruire i giovani che governeranno settori come le pensioni, la sanità, il mercato del lavoro, l'organizzazione del territorio ed i rapporti tra la vecchia e la nuova generazione?
L'invecchiamento della popolazione è un dato che deve essere considerato nel suo contesto reale. Da una parte occorre incentivare la politica della famiglia in modo che il tasso di natalità cresca, ma dall'altra occorre inevitabilmente riformare la nostra politica sociale per adeguarla agli impegni nuovi che questo fenomeno comporta.
Da una parte il miglioramento della qualità della vita, della sua durata, permette oggi un impegno professionale più prolungato oltre i 65 anni, dall'altra bisogna rendere più dinamica ed elastica la nostra economia, favorendo la creazione di nuove imprese, e posti di lavoro, e magari anche un nuovo modo di lavorare, di produrre e scambiare, proprio di un'economia e di una società globale. Ieri per tutti i problemi elencati sono state trovate delle soluzioni, dobbiamo perciò capire come affrontare le nuove situazioni e pervenire a delle soluzioni adatte all'oggi. La nuova classe dirigente, in formazione, ha a sua disposizione nuovi strumenti e conoscenze che dovranno interagire con quelli attuali per individuare soluzioni coerenti, socialmente ed economicamente accettabili. Questo è un processo evolutivo delle istituzioni stesse in cui il ricambio generazionale è necessario ed è non solo un passaggio di consegne, ma anche di esperienze.

Quanto valore ha, per lei, il contatto diretto con le persone, ascoltare attentamente i loro problemi, spendere parte del tempo a consigliar loro la via d'uscita?
Direi che è la base del lavoro politico; come si possono rappresentare i cittadini se non se ne conosce la situazione e i problemi? Il contatto personale con il cittadino è fondamentale e ad esso ho sempre dedicato attenzione, ascolto e tempo. In molti casi sono riuscito a dare buoni consigli.

I giovani di oggi, secondo lei, sono un'incognita o rappresentano una grande risorsa per la comunità?
L'incognita è il futuro, e resterà tale se noi non sapremo dare fiducia ai nostri giovani che sono la vera risorsa della nostra società.
Una sana e concreta informazione, unitamente all'avvicinamento di istituzioni ed organi dello stato capaci di coinvolgerli emotivamente, potrebbe aumentare il loro coinvolgimento nella quotidianità sociale?Penso che non si tratti solamente di una questione di informazione, oggi si può essere informati su tutto, penso piuttosto che l'avvicinamento dei giovani alle istituzioni si leghi ad un fatto culturale sul quale si dovrebbe riflettere maggiormente: da una parte mi riferisco al modello che noi, come politici, trasmettiamo attraverso l'esempio e i nostri atti, dall'altro bisogna comprendere che gli strumenti di comunicazione siano cambiati e abbiano trasformato in modo profondo il modo di percepire la realtà e le relazioni sociali soprattutto tra i giovani.

Quali sono, attualmente, gli strumenti utili e necessari per crescere in competitività?
La fiscalità senz'altro, ma non basta. Questa deve essere accompagnata da altri fattori quali la semplificazione e l'automazione dei processi burocratici, la qualità e accessibilità dei servizi pubblici (scuole, ospedali, trasporti, infrastrutture per il tempo libero), localizzazione rispetto alle connessioni internazionali, integrazione nella rete della società della conoscenza e, non ultimo, sicurezza e riservatezza.

Da quali fonti può essere scaturita, secondo lei, la crisi economico-finanziaria che ha caratterizzato, e caratterizza ancora, quest'ultimo periodo?
Penso che il problema si sia posto per un eccesso di stimolazione dei mercati finanziari che hanno portato ad un effetto di perdita del senso della realtà. Tradotto in parole povere si è perso di vista che, come ricordava Luigi Einaudi agli economisti, dietro il prezzo di una cipolla c'è qualcuno che la coltiva.

Crede possa esistere una terapia d'urgenza per risolvere il problema?
Credo che siano i mercati finanziari stessi che devono trovare delle soluzioni adeguate altrimenti, e questo è un rischio, dovranno pensarci gli Stati con misure di sorveglianza e nuove limitazioni.

Come mai, secondo lei, il rapporto tra il mondo giovanile e la politica, è diventato, negli ultimi tempi, complesso?
Come ho già detto in precedenza questa complessità è piuttosto una difficoltà, è come se la politica per molte ragioni non si trovi più al centro dell'interesse dei giovani, in un zona d'ombra, vuoi per una perdita di peso delle ideologie, o anche per una certa assuefazione e sfiducia verso il linguaggio e le forme della politica.
Credo che dobbiamo inventare dispositivi e considerazioni nuove per cogliere il loro interesse invitandoli ad essere parte attiva e propositiva della società civile.

Assoii-Suisse, l'associazione degli imprenditori italiani in Svizzera, estesa alle imprese elvetiche che intendono aderire all'interscambio commerciale con l'Italia, si pone all'attenzione dell'esteso panorama economico, come forza ragguardevole di sana aggregazione sociale ed identificativa con l'obiettivo di creare, allargando i propri confini in Europa, ricchezza e stabilità di gruppo. Come vede l'iniziativa?
Non posso che accogliere positivamente questo progetto poiché va nella direzione giusta; è solo avendo il coraggio di aprirsi e confrontarsi con le altre realtà economiche che non solo possiamo imparare cose nuove, ma, anche di riflesso, comprendere il valore di quello che siamo e intraprendiamo, e quindi incentivare scambi ed esperienze, ed essere a pieno titolo nodi strutturati e funzionali dell'economia e della società globale.

Intervista rilasciata nel 2010